Il primo maggio è la FESTA DEI LAVORATORI.
Vogliamo sottolineare l’evento con testimonianze raccolte da lavoratori di diverse età e mansioni, come spunto di riflessione sull’argomento.
ARTIGIANO (61 ANNI)
Ho 61 anni e sono titolare di un Laboratorio Odontotecnico dal 1983.
Con il mio amico e socio Giuseppe, iniziamo questa avventura lavorativa con poca esperienza, ma con tanta intraprendenza e voglia di farcela. Il mondo del lavoro era in evoluzione e si cominciava ad intuire che il lavoro manuale sarebbe stato sostituto dall’avvento di macchine sempre più performanti. Sapevo che oltre a fornire un prodotto era importante instaurare con la clientela un rapporto di fiducia e dare un servizio valido e puntuale.
Poi circa 20 anni fa, la svolta digitale, con la tecnologia CAD-CAM ho iniziato a trasformare i laboratori, da botteghe artigiane in centri di progettazione e fresaggio. Complice l’età che avanza, non posso che guardare al passato, con un po’ di nostalgia, e guardare al futuro con un pizzico di rammarico per i giovani che iniziano adesso.
La tendenza di grandi realtà imprenditoriali ad aprire grossi laboratori, dove si lavora sui tre turni, danno ai giovani ragazzi mansioni limitate e specifiche. E’ necessario investire sempre più denaro, per dare un prodotto che costi sempre meno. Questo limita molto le possibilità ad un ragazzo che voglia iniziare una attività in proprio.
Auspico e spero che in questo grande cambiamento, l’essere umano, come persona, continui a rimanere al centro dell’esperienza lavorativa.
GIOVANE LAUREATO
Il lavoro è un‘esperienza di crescita e formazione sia personale che professionale. Oggi ci si affaccia al mondo del lavoro in età sempre più adulta poiché si intraprendono spesso percorsi accademici che ne ritardano l’inserimento. Ritengo che l’esperienza di un percorso accademico sia utile anche se non sempre una maggiore formazione garantisce una migliore allocazione poiché manca un’esperienza lavorativa pregressa.
Nel contesto del lavoro, ritengo importante evidenziare la mancanza di giovani per i lavori manuali: ci sono sempre più laureati, ma c’è sempre meno interesse verso il lavoro pratico, manuale. Voglio evidenziare un aspetto particolarmente demotivante per i giovani: la mancanza di riconoscimento economico della professionalità. Ci si trova di fronte a retribuzioni che non rispecchiano la formazione e le capacità. e la voglia di apprendere perché, tendenzialmente si assume una persona con un certo background e, molto spesso, la si inserisce in un contesto completamente diverso da quello per cui è stata formata. Tutto questo impone l’acquisizione di competenze/professionalità da apprendere sul campo.
Quest’ultimo aspetto, tuttavia, non ha solo lati negativi perché in questo modo un giovane può spaziare e aprirsi nuove strade, se ha intelligenza e volontà. Tuttavia sarebbe molto più onesto, e aggiungo, gratificante per un giovane, assumerlo per ricoprire il ruolo per cui è stato formato.
INSEGNANTI (43 – 46 ANNI)
Maestra. Quante volte sentiamo pronunciare questa parola dai nostri alunni. Che grande responsabilità. Allora cerchi di dare il meglio di te, di non lasciare nulla al caso, risposte e spiegazioni, di posare lo sguardo su di loro che cercano fiducia, ascolto e cuore Ogni giorno li accogli sulla porta di ingresso con un sorriso, con la consapevolezza che stanno lasciando la loro casa, il nido dove si sentono al sicuro tra le braccia di mamma e papà. E allora tu devi far sentire loro quel calore che deve rassicurarli dandogli la certezza che lì, in quel posto meraviglioso chiamato SCUOLA, faranno mille esperienze, mille scoperte, troveranno qualcuno pronto ad accoglierli e a fargli vivere una bella giornata.
La metà delle volte li accogliamo in ginocchio, ci mettiamo alla loro altezza…per lasciare l’abbraccio di una mamma o di un papà, devi scorgerne un altro che ti aspetta altrettanto sicuro. Adottiamo strategie diverse per ogni bambino, per ogni età, per ogni umore. Notiamo la maglietta con i draghi, le calze con le ciliegie, la coda, le trecce, la gonna, le scarpe nuove, il cerchietto, la felpa con il cappuccio e ad ognuno riserviamo un complimento, un ‘attenzione, uno stupore. I bambini si illuminano, sono felici che tu abbia notato quel particolare che li rende orgogliosi! Mentre poi siamo con loro e facciamo le piroette con le nostre ballerine o costruiamo un castello con i nostri ometti, un occhio va sempre alla porta, una mano distribuisce fazzoletti e, improvvisamente arriva una torta di compleanno su cui soffiare le candeline. Quindi che si fa?? Prima si soffia sulle candeline e poi…. si assaggia una fetta, ovvio! Dopodiché facciamo un applauso, non per la torta di legno, facciamo un applauso ai nostri bambini perché hanno imparato a giocare, o meglio, hanno imparato a condividere i giochi. Pensate sia scontato? No, non lo è, per questo quando ciò avviene si devono premiare. Il rinforzo positivo è lo strumento più efficace, per la crescita del bambino…negli adulti è riconosciuta come autostima!
Sono solo le nove del mattino. Dobbiamo ancora iniziare l’attività didattica che porterà i nostri alunni alla scoperta di qualcosa di semplice ma allo stesso tempo straordinario come la semina di un piccolo semino, la caccia alle uova, il ritrovamento di un lombrico scavando sotto terra, la costruzione del corpo umano con i lego, la passeggiata con la banda del paese “tenendo il passo”, la creazione di un semplice lavoretto che ai loro occhi diventa sorprendente…tutto è magia, tutto deve esserlo ogni volta che ti senti chiamare “maestra”.
LAUREATA CON ESPERIENZA ALL’ESTERO (34 ANNI)
Ho sempre voluto fare un’esperienza all’estero, ma essendo già in qualche modo all’estero non l’ho mai cercato attivamente se non per una doppia laurea a cui mi ero iscritta per la specialistica (era da fare tra Torino e Chicago e avrei preso la doppia laurea, avevo pure la matricola, ma ho dovuto rinunciare per scelta per supportare la famiglia durante il divorzio di mia sorella e ho deciso di studiare solo a Torino e lavorare invece).
L’esperienza lavorativa all’estero non è stata una cosa che ho cercato, ma è capitata nel senso che sono stata contattata via LinkedIn da un Recruiter. Mi è piaciuto da subito il modo di approcciarsi del Recruiter, come ha presentato la posizione e l’azienda. In Italia di solito chiedono subito CV senza dare dettagli sulla posizione, mentre gli inglesi non erano interessati a voti di laurea di 10 anni fa.
Ho fatto il colloquio e la loro mentalità mi ha colpito subito: precisi e interessati al modo dì lavorare e pensare della persona, non al cv, ai voti di laurea e dimostrazione della documentazione rilasciata dall’uni (nessuno mi ha mai chiesto un documento che attesti la mia laurea).
I due anni in UK mi hanno fatto capire come le persone vedono il lavoro: un modo di guadagnare soldi per vivere non vivere per lavorare. Cosa che ho visto nella mia esperienza lavorativa in Italia di altri che conosco. Ho scoperto che si può fare bene un lavoro anche lavorando solo 8 ore senza stress.
Ho scoperto che danno molta importanza alla salute mentale delle persone e sono molto attenti a questi aspetti. I toni sono sempre molto educati e il responsabile si preoccupa di capire anche come i suoi eseguono il lavoro dal punto di vista emotivo, non solo dei risultati ottenuti. Mi manca questa mentalità, ma la mancanza e la vicinanza alla famiglia hanno fatto si che accettassi un lavoro più stressante tornando in Italia
LAUREATO (31 ANNI)
La mia esperienza nel mondo del lavoro è quella di quello di un giovane laureato. Dopo aver studiato al liceo, ho deciso di iscrivermi all’università e ho completato gli studi nel 2013. Subito dopo la laurea, ricco di speranze, ho cominciato ad inviare curriculum un po’ in tutto il Piemonte, ma purtroppo non ho mai ricevuto risposta; così decido di ampliare le mie vedute e comincio a spedire curriculum anche fuori regione (in tutta Italia ed Europa) e qui ho avuto la fortuna di entrare nella prima struttura italiana che tratta l’argomento per il quale ho studiato.
Questa esperienza mi ha arricchito tantissimo e ha permesso di ampliare le mie conoscenze (non smetterò mai di ringraziare i colleghi e il mio capo per la gentilezza e la disponibilità nell’accogliermi).
Successivamente desideroso di ampliare ancora di più le mie conoscenze ho deciso di iscrivermi ad un’altra università fuori regione. La vita di studente-lavoratore non è stata delle più semplici (il tempo libero era poco e quel poco doveva essere utilizzato per studiare) ma è stata molto appagante; in quanto mi ha permesso di confrontarmi con realtà nuove e ampliare ancor di più le mie conoscenze. Soprattutto l’insegnamento di questo periodo è stato che con il sacrificio e la perseveranza si posso ottenere ottimi risultati.
Questo percorso formativo e i sacrifici compiuti, mi hanno permesso di ottenere nuove opportunità di lavoro e ad oggi posso serenamente dire di essere, lavorativamente parlando, totalmente appagato. Quello che posso consigliare ai ragazzi che si affacciano all’università e al mondo del lavoro, è quello di non essere mai sazi ma di cercare il costante miglioramento personale, mettersi tutti i giorni in discussione e, se si ha un desiderio, di coltivarlo e fare in modo di raggiungerlo.
LAVORATORE PROSSIMO ALLA PENSIONE (59 ANNI)
In occasione della ricorrenza del 1° Maggio, mi è stato chiesto di raccontare la mia esperienza insieme a quella di altri, essendo io un lavoratore da parecchi anni.
Ho deciso di accettare, ma rimanendo in incognito perché non ritengo importante che compaia il mio nome e soprattutto perché chi leggerà quanto scritto potrà se vorrà, riflettere senza essere influenzato in alcun modo dal nome di chi ha scritto.
La prima cosa alla quale ho pensato è stata quella di condividere alcuni spunti di riflessione che in qualche modo possano essere utili a chi si affaccia al mondo del lavoro oggi, che sappiamo essere in continua evoluzione e cambiamento.
L’esercizio che ho provato a fare è stato quello di listare quelli che sono per me i principali valori legati al lavoro, con la consapevolezza che molte delle cose che sto scrivendo sono ovvie, ma proprio per questo molte volte si dimenticano.
Il lavoro lo cerchiamo tutti come prima necessità di sostentamento, dignità, indipendenza dalla famiglia o dal coniuge.
La desiderata è anche quella di realizzarsi, avere una crescita professionale, poter realizzare i propri progetti di vita, incrementare le relazioni e contribuire allo sviluppo dello Stato.
È importante a mio parere avere un approccio propositivo, umile e coraggioso, cercando di porsi nella condizione di trovare motivazione in ciò che si fa ed essere da esempio; ognuno di noi attraverso il proprio comportamento può fungere da esempio nei confronti dell’altro e contribuire quindi ad innescare un effetto positivo all’interno del gruppo di lavoro.
Oggigiorno, si parla molto di problematiche legate al lavoro relativamente alla difficoltà di far incontrare la domanda e l’offerta e allo stesso tempo di retribuzioni inadeguate o di sfruttamento, o di livelli di tassazione molto elevate che penalizzano sia il datore di lavoro che il lavoratore.
Temi che sicuramente andrebbero affrontati e risolti seriamente dalla politica in ordine di priorità.
Tornando a parlare dell’esperienza lavorativa, certamente il contesto e le persone alla guida fanno una grande differenza; tuttavia, ritengo che molto dipenda anche da noi stessi, nel senso che nell’ambito del proprio percorso sorgano delle opportunità, alcune ben visibili altre meno, e sta a noi stessi vederle e coglierle. È utile acquisire consapevolezza che per poter imparare una professione, qualsiasi essa sia, sono necessarie: tenacia, tempo, spirito di sacrificio, studio determinazione e passione e pazienza.
Ritengo che sia importante avere una progettualità non solo legata al proprio percorso di carriera, ma anche legata ad un percorso formativo che ci aiuti a dotarci degli strumenti necessari per affrontare e gestire le varie situazioni che si possono presentare.
Oggi in molti casi, siamo abituati, grazie alla tecnologia ad avere risposte rapide rispetto ad alcune delle nostre necessità, diverso è in ambito lavorativo; rispetto a ciò, è necessario considerare tempi diversi rispetto alle aspettative di ognuno, ad esempio: per trovare il proprio percorso, o avere i miglioramenti di carriera ecc. Certamente è importante predisporre la nostra mente ad una elevata apertura e non scoraggiarsi se le nostre aspettative vengono disattese.
Ogni lavoratore passa gran parte del suo tempo nell’ambiente di lavoro, (mi riferisco a coloro che non possono fare il telelavoro) questo ci deve far riflettere su come dovrebbe essere l’ambiente di lavoro e come ciascun lavoratore potrebbe contribuire a renderlo migliore.
Alcuni esempi: porre attenzione alla relazione con i colleghi, mettersi in discussione, essere curiosi nel senso buono del termine, essere affidabili e credibili e se il contesto lo consente mettere in discussione le scelte dell’azienda ed essere propositivo nell’ individuare soluzioni alternative, cercare di contribuire a proporre soluzioni finalizzate al miglioramento continuo in qualsiasi ambito. Ovviamente tutto rapportato al proprio ruolo e al proprio livello di responsabilità.
Una cosa molto importante che ricordo sempre per ciò che riguarda la mia esperienza lavorativa, è la formazione in azienda, non mi riferisco ai corsi di formazione, ma a quanto ho potuto imparare o conoscere lavorando con tutte le funzioni, lo dico senza retorica ma molto onestamente, ho avuto il piacere e la fortuna di imparare dalle maestranze delle officine meccaniche, da alcuni operai di produzione esperti, da tecnici e ricercatori. Altrettanto fondamentale è stata per me l’apertura e i contatti verso il modo esterno.
Dalle situazioni difficili e complesse tipicamente sorgono opportunità importanti per imparare e migliorarsi.
Molto importante, rispettare tutti e soprattutto farsi rispettare, con educazione si può e si deve far valere le proprie ragioni.
Essendoci fortunatamente tantissime professioni, ognuna ha le sue specificità, ma l’approccio mentale può essere comune ai fini dei percorsi formativi e di carriera.
Chiudo, invitando a riflettere e a ricordare che oggi molti dei diritti dei quali beneficiamo come lavoratori non sono scontati, ma sono stati conquistati da nostri predecessori nel passato con grandi sforzi e lotte.
MAMMA E NONNA (61 ANNI)
Ne ho viste tante donne al lavoro in questi miei 40 anni di continuità lavorativa come impiegata: quelle in carriera, quelle insoddisfatte, quelle che si impegnano, quelle sempre in ritardo, quelle svogliate, quelle che devono far quadrare i conti di casa, quelle che fanno il loro dovere… come gli uomini direi, perché tutte queste categorie di persone valgono sia per le une che per gli altri.
E allora??? Tutta questa differenza?
Non vorrei cadere nella banalità dicendo che una grande differenza esiste e se ne parla da sempre: le donne, soprattutto se madri, vivono due vite contemporaneamente!
Mentre sono in ufficio pensano all’orario di uscita dei figli da scuola e si organizzano per esserci ad accoglierli, mentre sono in riunione col capo tengono il cellulare acceso perché “non si sa mai che al pupo sia successo qualcosa”, mentre programmano la richiesta di ferie tengono conto dei periodi dei centri estivi, quando hanno un lavoro importante da portare a termine si svegliano la notte per segnarsi gli appunti per non dimenticare nulla, ecc.
Posso parlare solo di quello che ho visto o vissuto in prima persona, non so come sia per altre donne, in modo particolare per quelle che i figli non li hanno avuti e mi rendo conto che questi esempi che ho descritto fanno parte di un modo di vivere superato, le nuove generazioni forse sono diverse e hanno opportunità migliori.
Il desiderio per ognuna di noi è comunque quello di poter concretizzare i propri sogni, sia in campo lavorativo, che affettivo, che di maternità, senza dover sacrificare l’uno o l’altro solo perché intorno a noi esiste ancora una società che ci costringe a farlo e non ci offre gli strumenti per poterli realizzare, ma tante volte non ancora, perché se è vero che le donne stanno prendendo sempre più piede in tanti posti di responsabilità e gli uomini sono sempre più aperti e disponibili all’uguaglianza dei diritti e dei doveri, esistono.
MAMMA (48 ANNI)
Da sempre il lavoro è stato oggetto di moltissimi studi da diversi punti di vista: ad esempio, da un punto di vista filosofico teologico esso è stato pensato come pena e come merito, oppure come un tratto distintivo dell’essere umano; da un punto di vista politico e sociale, il lavoro è stato interpretato o come una vocazione, oppure una umanizzazione, come un diritto e un dovere, nell’ incarnare lo sviluppo economico di un paese. La nostra stessa Costituzione la cita all’articolo 1 dei Principi Fondamentali su cui si fonda la nostra nazione, eppure mai come in questi anni abbiamo visto questo valore bistrattato e spogliato di qualsiasi nobiltà, quasi più spesso a fungere da strumento di pura propaganda. Uno degli indicatori più subdoli di questo sfruttamento del principio del lavoro, si concretizza attraverso i contributi e le tasse che vi si applicano. L’Italia purtroppo si colloca tra i paesi OCSE con il livello più alto di tasse contributi sugli stipendi pari al 46,5% (dato OCSE) nel 2021. Tali imposte e contributi (come per esempio il contributo INAIL, INPS o l’addizionale IRPEF comunale e regionale) compongono il cosiddetto cuneo fiscale, che concretamente pesa sul costo del lavoro sia dalla parte del lavoratore che attraverso gli oneri a carico delle imprese. Più semplicemente il cuneo si determina con la differenza tra lo stipendio lordo e quello netto percepito dal lavoratore.
I costi sopra descritti hanno principalmente due evidenti effetti negativi:
• al lavoratore abbassano il potere d’acquisto e di risparmio (se qualcuno riesce ancora a risparmiare!!)
• per le aziende si trasforma in un disincentivo per nuove assunzioni, per cui ci si vede costretti ricorrere a formule quali lo straordinario o contratti a breve termine. Del totale del cuneo fiscale il 24% e a carico del datore di lavoro il restante 22,5% al dipendente (fonte: Sole 24ore).
Sentiamo spesso gli interlocutori economici e sociali, come Confindustria o i Sindacati dei lavoratori, discutere su come abbassare il cuneo; se si tagliassero questi contributi sembrerebbe relativamente semplice e si otterrebbero stipendi più alti e risparmi per le imprese, che potrebbero perciò reinvestire sia nel lavoro stesso e attraverso la crescita della propria realtà imprenditoriale. Il problema è che le minori entrate che arriverebbero nelle casse dello Stato potrebbero non coprire le spese per i servizi essenziali, come scuola, sanità, INAIL previdenza (pensioni); sicuramente come l’inflazione (l’aumento dei prezzi) grava sui lavoratori e le famiglie peserà anche sui servizi offerti dallo Stato. Per questi motivi assistiamo negli anni a continui tagli per i servizi, anche se poco sembrerebbe fatto per abbattere invece gli sprechi. Nella pubblica amministrazione è forse tempo che qualcuno si prende delle vere responsabilità? Coloro che ricoprono cariche dirigenziali di alto livello rispondono agli errori?
Alla base i nostri problemi sono sempre gli stessi: clientelarismo, incompetenza ed enti parassiti. Solo una vera riforma della pubblica amministrazione, una razionalizzazione e semplificazione delle procedure potranno garantire trasparenza, ma sono proprio tra quelle righe che i nostri politici non vogliono entrare e scardinare alla radice questo sistema. Da parte dei privati cittadini e molte imprese sono l’evasione fiscale e il lavoro in nero che creano gli stessi presupposti per non favorire un miglioramento del sistema. Sembra proprio un gatto che si morde la coda! Per citare Kennedy, “non chiedere cosa il tuo paese può fare per te, ma cosa tu puoi fare per il paese”, perciò in questa giornata di festa del Lavoro come lavoratori, come imprenditori, come funzionari pubblici, prendiamoci le nostre responsabilità e iniziamo noi stessi a cambiare le regole del gioco.